Il primo luglio 2025 rimarrà una data nera nella storia recente di Centene Corporation (NYSE: CNC). Un crollo del 40% in una singola seduta non è qualcosa che si vede tutti i giorni nel mercato azionario, e quando accade, le ragioni sono sempre profonde e spesso preoccupanti. Eppure, guardando dietro i numeri e analizzando attentamente la situazione, mi trovo a chiedermi se non ci troviamo di fronte a una di quelle occasioni che il mercato, nella sua emotività, ci regala di tanto in tanto.
La notizia che ha fatto crollare il titolo è arrivata come un fulmine a ciel sereno: Centene ha ritirato completamente la guidance per il 2025, comunicando un impatto negativo di circa 1.8 miliardi di dollari derivante dai risk adjustment nel business Marketplace. Per chi non è familiare con questo meccanismo, si tratta di un sistema governativo che dovrebbe garantire equità tra le compagnie assicurative: chi si ritrova con pazienti più malati riceve compensi aggiuntivi, chi ha pazienti più sani paga di più. L’idea è semplice e logica, ma l’implementazione può riservare sorprese amare.
Centene ha scoperto, attraverso i primi dati del 2025 provenienti da Wakely (una società attuariale indipendente), che in 22 dei 29 stati dove opera il programma Marketplace, la morbidità aggregata del mercato è significativamente più alta di quanto previsto. In termini pratici, significa che l’azienda si è ritrovata con una popolazione di assicurati relativamente più sana rispetto al mercato generale, costringendola a pagare circa 2.75 dollari per azione in risk adjustment – un colpo devastante per i conti.
Paradossalmente, i risultati del primo trimestre 2025, pubblicati ad aprile, erano stati tutto sommato positivi. L’azienda aveva registrato ricavi per 46.6 miliardi di dollari, in crescita del 15% anno su anno, con un utile per azione diluito di 2.63 dollari (2.90 dollari su base adjusted), in miglioramento rispetto ai 2.16 dollari dell’anno precedente. La crescita dei ricavi era stata trainata principalmente dal business Medicare PDP (+22% di membri) e dal forte posizionamento nel Marketplace (+29% di membri).
Il health benefits ratio si era attestato all’87.5%, in lieve aumento dall’87.1% dell’anno precedente, principalmente a causa di costi medici più elevati nel segmento Medicaid dovuti a malattie influenzali e simili. Tuttavia, questo incremento era stato parzialmente compensato da miglioramenti nel segmento Medicare, grazie ai cambiamenti introdotti dall’Inflation Reduction Act nel business Part D.
Particolarmente incoraggiante era stata la performance del ratio SG&A, sceso al 7.9% dal 8.9% dell’anno precedente, evidenziando la capacità dell’azienda di mantenere sotto controllo i costi amministrativi nonostante la crescita dei ricavi. Il cash flow operativo aveva generato 1.5 miliardi di dollari, sostenuto principalmente dagli utili netti e dall’aumento delle passività per sinistri medici.
La reazione degli analisti è stata rapida e, comprensibilmente, cauta. JP Morgan ha declassato il titolo da “buy” a “neutral”, mentre altri come Jefferies hanno ridotto il target price a 47 dollari. Tuttavia, molti analisti mantengono ancora target price significativamente superiori ai livelli attuali del titolo: alcuni vedono un fair value intorno ai 52 dollari, il che implicherebbe comunque un upside consistente dai livelli post-crollo.
Ciò che colpisce nell’analisi video che ho esaminato è la sottolineatura di alcuni aspetti tecnici interessanti. L’RSI (Relative Strength Index) del titolo è crollato sotto i 25, un livello che storicamente indica condizioni di oversold estremo. Non è una garanzia di rimbalzo immediato, ma suggerisce che la vendita potrebbe essere stata eccessiva rispetto ai fondamentali sottostanti.
Dal punto di vista valutativo, i numeri diventano interessanti. Il forward P/E, che prima del crollo si attestava intorno agli 8, è ora sceso nella regione dei 4-5. Per un’azienda che genera oltre 40 miliardi di ricavi annui e mantiene una posizione dominante nel settore dell’assicurazione sanitaria governativa, questi multipli appaiono decisamente compressi.
L’analisi DCF presentata nel video suggerisce un valore intrinseco di circa 73 dollari per azione, utilizzando assunzioni conservative che includono addirittura una riduzione del 50% del free cash flow atteso e tassi di crescita negativi nei primi anni. Anche utilizzando le stime più pessimistiche, il modello indica un upside potenziale superiore al 100% rispetto ai livelli attuali.
Quello che spesso il mercato dimentica nei momenti di panico è che Centene opera in un settore caratterizzato da barriere all’ingresso elevate e da una domanda strutturalmente in crescita. L’invecchiamento della popolazione americana e l’espansione dei programmi governativi di assistenza sanitaria rappresentano trend secolari che difficilmente si invertiranno nel breve periodo.
L’azienda ha inoltre dimostrato negli anni una capacità notevole di adattamento alle sfide regolatorie. La questione del risk adjustment, pur dolorosa nel breve termine, non cambia i fondamentali del business. Centene ha già comunicato di aver iniziato il processo per rivedere i prezzi dei piani Marketplace 2026, aspettandosi di poter implementare azioni correttive nella maggior parte degli stati dove opera.
Dal punto di vista operativo, il management continua a generare forte leva sui costi amministrativi grazie alla crescita dei ricavi, e i business Medicare Advantage e PDP stanno performando meglio delle aspettative nel secondo trimestre 2025. Questi sono segnali che l’azienda, al di là del problema contingente del risk adjustment, mantiene una buona esecuzione strategica.
Naturalmente, investire in Centene oggi non è privo di rischi. Il ritiro della guidance per il 2025 genera incertezza sui risultati futuri, e non è chiaro se ci possano essere ulteriori sorprese negative nei rimanenti sette stati Marketplace per cui l’azienda non ha ancora ricevuto dati. Inoltre, il settore dell’assicurazione sanitaria è notoriamente complesso e soggetto a cambiamenti regolatori che possono avere impatti significativi sui risultati.
La questione del risk adjustment potrebbe inoltre ripetersi negli anni futuri se l’azienda non riuscirà a calibrare meglio le proprie assunzioni attuariali. Questo richiederà probabilmente investimenti aggiuntivi in analytics e una maggiore attenzione nella selezione dei rischi, con potenziali impatti sui margini.
Dopo aver analizzato attentamente i dati finanziari, le comunicazioni del management e le reazioni del mercato, la mia impressione è che ci troviamo di fronte a una situazione in cui una notizia indubbiamente negativa è stata amplificata dall’emotività del mercato ben oltre il suo impatto fondamentale sul valore dell’azienda.
Centene rimane un player dominante in un settore in crescita, con una posizione competitiva solida e la capacità di generare cash flow significativi. Il problema del risk adjustment, pur serio, è circoscritto e gestibile nel medio termine. La valutazione attuale del titolo sembra scontare scenari apocalittici che appaiono poco realistici per un’azienda con queste caratteristiche.
Per gli investitori con orizzonti temporali di medio-lungo termine e una tolleranza al rischio adeguata, i livelli attuali potrebbero rappresentare un’opportunità interessante. Come sempre in questi casi, la gestione del rischio attraverso un sizing appropriato della posizione e un approccio graduale all’investimento rimangono fondamentali.
Il mercato, nella sua saggezza imperfetta, a volte ci regala opportunità proprio quando tutto sembra andare storto. Centene potrebbe essere una di queste occasioni, ma solo il tempo ci dirà se questa analisi si rivelerà corretta.
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