Il mercato ha parlato con una chiarezza cristallina: venerdì 27 giugno Nike ha chiuso la sessione di borsa con un exploit del +15,19%, dimostrando che dietro i numeri apparentemente deludenti del Q4 2025 gli investitori hanno intravisto qualcosa di più profondo. Quando Elliott Hill è tornato alla guida di Nike lo scorso ottobre, probabilmente non immaginava di dover presentare un quarto trimestre con ricavi in calo del 12% e margini lordi che scivolano di 440 punti base, per poi vedere il titolo esplodere al rialzo il giorno successivo.

Questo paradosso finanziario racconta una storia affascinante: dietro numeri che potrebbero far tremare le mani anche al più navigato dei trader, si nasconde una strategia di trasformazione che il mercato ha rapidamente riconosciuto come il catalizzatore per ridefinire il futuro del gigante di Beaverton.

I risultati del Q4 2025 sono, come ammette candidamente lo stesso CEO, “in linea con le aspettative ma non dove vogliamo essere”. Con ricavi totali di 11,1 miliardi di dollari contro i 12,6 miliardi dell’anno precedente, Nike ha chiuso l’anno fiscale a 46,3 miliardi, un calo del 10% che racconta di un’azienda in profonda ristrutturazione piuttosto che in crisi irreversibile.

Il dato più eclatante riguarda l’utile per azione diluito, crollato a 0,14 dollari dai 0,99 dollari del trimestre precedente, un tonfo dell’86% che ha fatto sobbalzare molti analisti alla prima lettura. Ma l’impennata del titolo del +15,19% nella sessione successiva ha dimostrato quanto sia cruciale la lettura strategica: questo non è il risultato di un mercato che punisce Nike, bensì il prezzo consapevolmente pagato per quelle che l’azienda chiama “Win Now actions”.

Particolarmente significativo è stato l’andamento per canali di vendita: mentre Nike Stores ha registrato una crescita del 2%, Nike Digital ha subito un calo del 26%, una dinamica che riflette la strategica depromozionalizzazione della piattaforma digitale. Il wholesale, dal canto suo, ha contenuto le perdite al 9%, un segnale che i partner commerciali stanno gradualmente riacquistando fiducia nella nuova direzione strategica. L’inventario, rimasto sostanzialmente piatto su base annua (+0%), dimostra che l’azienda sta mantenendo il controllo operativo nonostante le turbolenze.

Hill non ha usato mezzi termini durante la conference call: “Stiamo voltando pagina”. La ristrutturazione in corso tocca cinque aree cruciali – cultura aziendale, prodotto, marketing, marketplace e ground game – con un focus laser su cinque sport chiave, tre paesi strategici e cinque città metropolitane. Non è una revisione cosmetica, ma una rivoluzione operativa che sta ridisegnando l’DNA dell’azienda.

Il elemento più intrigante di questa trasformazione è il passaggio da una struttura organizzativa basata su segmenti demografici (uomo, donna, bambino) a una “sport offense” che organizzerà i team per discipline sportive specifiche. È una mossa audace che riconosce come il futuro del settore non passi più attraverso le categorie tradizionali, ma attraverso comunità di atleti e appassionati unite dalla passione per sport specifici.

Nonostante i numeri complessivamente negativi, emergono segnali incoraggianti che un investitore esperto sa riconoscere e che probabilmente hanno contribuito al rally del +15,19% del titolo. Il segmento running ha registrato una crescita a cifra singola alta nel trimestre, trainato dal successo straordinario del Vomero 18 che in soli 90 giorni è già diventato un franchise da oltre 100 milioni di dollari con forte sell-through.

Nel basketball femminile, l’azienda ha visto un’espansione superiore al 50% nell’anno fiscale, con il lancio della collezione signature di A’ja Wilson (la A-ONE) che ha fatto sold-out in tre minuti su Nike Digital in Nord America, un risultato che testimonia la potenza del brand quando aligned con momenti sportivi autentici. L’azienda prevede di raddoppiare la produzione di scarpe A’ja nelle prossime stagioni, riconoscendo il potenziale di questo franchise.

Anche partnership strategiche stanno dando frutti tangibili: la collaborazione con Dick’s attraverso la collezione 24.7 training e quella con JD per l’Air Max ’95 hanno prodotto “presentazioni elevate, migliori connessioni con i consumatori e maggiori sell-through”. Il tutto culminato con l’annuncio della nuova partnership con Amazon per l’autunno, che porterà un assortimento selezionato su una delle piattaforme retail più influenti al mondo.

Non si può analizzare Nike senza considerare l’elefante nella stanza: le nuove tariffe che impatteranno l’azienda per circa 1 miliardo di dollari lordi. Il CFO Matt Friend ha delineato una strategia articolata che prevede diversificazione della supply chain, partnership con fornitori e retailer, aumenti di prezzo chirurgici e possibili riduzioni di costi aziendali.

La risposta di Nike a questa sfida rivela la maturità strategica dell’azienda: invece di panic pricing, l’azienda sta riducendo la dipendenza dalla Cina dal 16% attuale a una cifra singola alta entro la fine del fiscal 2026, redistribuendo la produzione globalmente. È una mossa che trasforma una minaccia in un’opportunità di resilienza supply chain.

La decisione di riposizionare Nike Digital come “destinazione premium” rappresenta forse il cambiamento più significativo nella strategia go-to-market dell’azienda. I numeri parlano chiaro: Nike Digital è calato del 26% nel trimestre, ma questo calo è strategico, non subito. L’azienda sta deliberatamente riducendo il carattere promozionale della piattaforma, accettando una diminuzione del traffico a doppia cifra pur di ricostruire il value perception del brand.

Questo approccio, già visibile nei miglioramenti dei markdown rates e nell’aumento della percentuale di vendite a prezzo pieno, suggerisce una visione a lungo termine che privilegia la brand equity rispetto ai volumi a breve termine. Per un investitore, questo dovrebbe suonare come musica: un’azienda che sacrifica ricavi immediati per costruire valore sostenibile.

Il performance geografico di Nike racconta storie diverse che richiedono letture differenziate. Il Nord America, che rappresenta il mercato più maturo, mostra segnali di stabilizzazione con il wholesale che inizia a rispondere positivamente alla nuova strategia prodotto. L’EMEA, la regione più avanzata nel cleanup del marketplace, sta già mostrando crescita in segmenti performance chiave e diversificazione dello sportswear.

La Greater China, con il suo calo del 20% nei ricavi, rappresenta la sfida più complessa ma anche l’opportunità più significativa. L’azienda sta pilotando nuovi concept di monobrand store e investendo in storytelling iperlocale, riconoscendo che questo mercato richiede un approccio culturalmente specifico piuttosto che una semplice estensione della strategia globale.

Dal punto di vista dell’investimento, Nike si trova in una posizione paradossale: i fundamentals a breve termine sono chiaramente sfidanti, ma la strategia a lungo termine appare solida e ben architettata. L’azienda ha mantenuto un bilancio robusto con 9,2 miliardi in cash e investimenti a breve termine, garantendo la flessibilità finanziaria necessaria per navigare questa transizione.

Il management ha moderato i buyback nel breve termine, una decisione saggia che preserva liquidità in un ambiente incerto, ma ha mantenuto la tradizione di 23 anni consecutivi di aumenti dei dividendi, segnalando fiducia nella capacità di generazione di cassa a lungo termine.

Le previsioni per il Q1 2026 confermano che il percorso di recupero sarà graduale: ricavi attesi in calo mid-single digits, margini lordi sotto pressione per 350-425 punti base (di cui 100 per le tariffe), SG&A in crescita low-single digits. Questi numeri potrebbero spaventare gli investitori più impulsivi, ma rappresentano in realtà una guidance realistica che preferisce under-promise piuttosto che deludere.

Nike sta attraversando quello che nel gergo aziendale si chiama un “strategic inflection point”. I risultati del Q4 2025 non sono quelli di un’azienda in declino, ma di un gigante che sta consciamente accettando dolore a breve termine per rinascere più forte. La reazione del mercato con il +15,19% del venerdì successivo alla pubblicazione suggerisce che gli investitori istituzionali hanno rapidamente compreso la natura strategica di questa transizione.

La metafora sportiva che Hill ha usato, paragonando la situazione di Nike al comeback di Rory McIlroy al Masters (che ha effettivamente vinto completando il Career Grand Slam), non è casuale: entrambi hanno dovuto accettare il rischio di perdere tutto per vincere davvero. Il CEO ha concluso la call con una riflessione che suona quasi come un mantra: “È un privilegio competere ogni giorno, e con tutti i vantaggi che abbiamo, controlliamo il nostro destino”.

Per l’investitore value, Nike oggi offre l’opportunità di entrare in un brand iconico durante una fase di trasformazione che il mercato sta iniziando a premiare. Per l’investitore growth, la “sport offense” e il ritorno alle radici autentiche dello sport potrebbero catalizzare una nuova fase di crescita sostenibile che i numeri non riflettono ancora completamente.

Il titolo probabilmente continuerà a essere volatile nel breve termine, ma il rally del +15,19% post-trimestrale dimostra che quando il mercato intravede la sostanza dietro la strategia, sa riconoscerla e premiarla rapidamente. Per chi ha la pazienza di aspettare che la strategia di Hill dia i suoi frutti completi, Nike potrebbe rappresentare una delle opportunità più interessanti nel settore consumer discretionary dei prossimi anni.

Come disse una volta il fondatore Phil Knight: “Business is war without bullets”. Nike sta combattendo la sua battaglia più importante, e sia i risultati del Q4 2025 che la reazione del mercato suggeriscono che ha le armi, la strategia e il supporto degli investitori per vincerla.

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