Europa

La settimana dal 27 al 31 ottobre 2025 ha rappresentato per i mercati europei un percorso contrastato, caratterizzato da un inizio promettente che ha progressivamente lasciato spazio a maggiore cautela. Gli investitori si sono trovati a navigare tra segnali economici contrastanti e sviluppi geopolitici che hanno delineato un quadro di incertezza, sebbene non privo di opportunità selettive.

L’inizio è stato vivace: il lunedì 27 ottobre ha regalato una sessione positiva con una variazione media degli indici del +0,49%. Protagonista assoluta è stata la Borsa Italiana con un balzo del +5,32%, spinta dal miglioramento della fiducia delle imprese, aspettative di riforme economiche e dati sul PIL superiori alle previsioni. Il mercato tedesco ha invece mostrato prudenza, con il DAX in rialzo di appena lo 0,12%, frenato da preoccupazioni sulla dipendenza energetica e tensioni commerciali. Spagna e Regno Unito sono rimasti sostanzialmente invariati, la prima gravata da timori su turismo e immobiliare, il secondo ancora condizionato dall’incertezza post-Brexit.

Con il passare dei giorni l’entusiasmo si è raffreddato. Giovedì 30 ottobre i mercati europei hanno registrato una flessione media del -0,33%, con Italia e Germania in calo rispettivamente del -0,33% e -0,30%, mentre la Spagna ha sofferto maggiormente con un -0,56%. Interessante la controtendenza di Londra, che ha guadagnato lo +0,04%, segnalando dinamiche di mercato uniche legate probabilmente a prospettive di allentamento monetario.

La settimana si è conclusa venerdì 31 ottobre con una tendenza al ribasso generalizzata e una variazione media dello -0,6%. Parigi ha perso lo 0,53%, Madrid lo 0,73%, mentre Francoforte ha tenuto la parità (+0,02%) e Londra è rimasta invariata (-0,01%). Il FTSE MIB italiano ha chiuso a 43.175 punti con un modesto -0,08%, distinguendosi comunque positivamente nel panorama europeo di ottobre, seconda solo a Madrid.

FTSE MIB INDEX :
DAX INDEX :
CAC INDEX :
FTSE UK INDEX :

I dati macroeconomici hanno dipinto un quadro di moderata resilienza. La crescita del PIL europeo del +0,3% e il miglioramento dell’indicatore ESI (+1,2 punti nell’area euro) hanno mitigato l’effetto delle trimestrali miste e della deludente produzione manifatturiera tedesca. L’inflazione nell’eurozona si è attestata intorno al 2%, confermando l’approccio “data-dependent” della BCE, che aveva mantenuto i tassi fermi al 2% dopo otto riduzioni consecutive.

Sul fronte obbligazionario, i rendimenti sono rimasti stabili: il BTP decennale italiano al 3,57% con lo spread sul Bund a 120 punti base, sceso in alcune sessioni sotto i 75 punti nell’attesa del giudizio di Scope Ratings. Tra le società quotate, Shell ha brillato con un utile in crescita del 24%, mentre nel settore bancario Crédit Agricole ha registrato una crescita robusta e Intesa Sanpaolo ha subito pressioni dopo conti in contrazione, chiudendo con un -2,28%. Sul fronte industriale, Interpump ha dominato con un +4,3% dopo l’upgrade di Equita, seguita da Prysmian (+2%) e Ferrari (+1,4%). Al contrario, Telecom Italia e Unipol sono stati tra i più venduti.

L’euro ha mostrato tenuta oscillando intorno a 1,15 contro il dollaro, sostenuto dalla fiducia dei consumatori e dalla crescita della produzione industriale. Guardando avanti, gli investitori dovranno monitorare l’evolversi delle tensioni commerciali internazionali e le dinamiche di politica monetaria globale. La divergenza tra le performance dei diversi paesi europei potrebbe accentuarsi, creando opportunità di investimento geograficamente mirate. In questo contesto, una strategia bilanciata che combini titoli difensivi con esposizione selettiva a società di crescita in settori meno ciclici appare la più prudente per navigare le prossime settimane.

Stati Uniti

La settimana si è rivelata un autentico banco di prova per Wall Street, con gli investitori chiamati a decifrare segnali contrastanti dalla politica monetaria, dalle trimestrali delle Big Tech e dagli sviluppi sul fronte commerciale con la Cina. I principali indici hanno vissuto una settimana di volatilità contenuta ma significativa, chiudendo un ottobre tra i più intensi dell’anno.

L’apertura di lunedì 27 ottobre è stata esplosiva: il Dow Jones ha guadagnato lo 0,71% toccando un nuovo massimo storico a 47.565 punti, l’S&P 500 ha registrato un +1,23% fermandosi appena sotto il record di 6.877 punti, mentre il Nasdaq ha brillato con un +1,86% raggiungendo anch’esso nuovi massimi a 23.659 punti. Questa sessione è stata alimentata dall’entusiasmo per il tech: Intel +3,29%, Qualcomm con un impressionante +11,1%, Tesla +4,3% e NVIDIA +2,81%, riflettendo l’ottimismo degli investitori in vista delle trimestrali dei giganti.

NASDAQ COMPOSITE :
DOW JONES INDUSTRIAL AVERAGE :
S&P 500 INDEX :

Il vero evento della settimana è arrivato mercoledì 29 ottobre con la Federal Reserve. Come atteso, Jerome Powell ha annunciato un taglio di 25 punti base, portando il tasso sui fed funds tra il 3,75% e il 4%, per la prima volta sotto il 4% dalla fine del 2022. La decisione però non è stata unanime: Stephen Miran, nominato da Trump, avrebbe voluto un taglio da 50 punti base, mentre Jeffrey Schmid avrebbe preferito mantenere i tassi fermi. Elemento rilevante è stato l’annuncio della fine del Quantitative Tightening dal primo dicembre, anche se le dichiarazioni hawkish di Powell hanno più che compensato questa notizia dovish. Il presidente della Fed ha ammesso “opinioni fortemente divergenti” all’interno dell’istituzione e ha sottolineato che un altro taglio a dicembre è “tutt’altro che scontato”.

La decisione è stata presa in un contesto complesso, con lo shutdown federale al 29esimo giorno che ha limitato la pubblicazione dei dati economici. Gli ultimi dati mostravano inflazione al 3,0% e disoccupazione salita al 4,3%. I mercati hanno reagito con il dollaro che si è rafforzato dello 0,25% ai massimi da tre mesi, mentre i rendimenti dei Treasury sono saliti: il decennale al 4,1% e il biennale al 3,6%. L’indice VIX è balzato del 2,31% a 17,3 punti, segnalando nervosismo sotto la superficie.

Il vero protagonista è stato però il settore tecnologico con le trimestrali delle “Magnifiche Sette”. Mercoledì 29 ottobre, dopo la chiusura, hanno riportato Microsoft, Alphabet e Meta. I numeri sono stati solidi: Microsoft con ricavi a 65,6 miliardi (+16%), Alphabet in crescita del 15%, Meta a 47,52 miliardi (+22%). La reazione dei mercati è stata però mista: mentre Alphabet è salita, Meta ha subito un crollo fino al -11% giovedì, con gli investitori preoccupati per i capex 2026 previsti a 96,9 miliardi (+41%). Il timore riguarda la sostenibilità degli investimenti massicci in AI e data center e i tempi di ritorno. Anche Microsoft ha perso circa il 3% per ragioni simili.

Giovedì 30 ottobre sono arrivati Amazon e Apple. Amazon ha brillato con fatturato in crescita del 13% a 158,5 miliardi, ma la vera star è stata AWS con un +20%, risultato non visto dal 2022. Il titolo è balzato del +10% nell’after-hours toccando nuovi massimi a 255 dollari. Apple ha riportato un fatturato record di 102,5 miliardi (+8%) e utile per azione di 1,85 dollari (+13%), annunciando anche un dividendo da 0,26 dollari. L’unico neo sono state le vendite in Cina scese da 15,5 a 14,493 miliardi. Il titolo, dopo esitazione iniziale, è volato a 284 dollari (+4%) segnando un nuovo massimo storico.

Sul fronte commerciale, giovedì 30 ottobre Trump e Xi Jinping si sono incontrati per 90 minuti a Busan, emergendo con un’intesa che ha sorpreso per portata. L’accordo prevede riduzione dei dazi dal 57% al 47%, con ulteriore taglio dal 20% al 10% su quelli legati al fentanyl. In cambio, la Cina ha posticipato di un anno i controlli sulle terre rare e le tasse portuali sulle navi USA. Pechino si è impegnata ad acquistare 12 milioni di tonnellate di soia nel 2025, energia americana e a collaborare su TikTok. L’accordo, con durata annuale e rinegoziazione annuale, è stato accolto con prudenza dai mercati: molti analisti vedono una tregua temporanea più che una risoluzione delle differenze fondamentali.

Wall Street ha chiuso la settimana in territorio positivo. Venerdì 31 ottobre il Dow Jones ha recuperato lo 0,09% a 47.563 punti, l’S&P 500 ha guadagnato lo 0,26% a 6.840 punti, mentre il Nasdaq ha segnato +0,61% a 23.725 punti. Ottobre si è confermato positivo, con il Dow e il Nasdaq al sesto e settimo mese consecutivo di rialzi, la serie più lunga dal gennaio 2018.

La settimana ha evidenziato l’importanza della selezione titoli nel tech: mentre Amazon e Apple hanno dimostrato crescita sostenibile, Meta e Microsoft hanno mostrato come gli investimenti massicci nell’AI possano generare preoccupazioni sui tempi di ritorno. Gli accordi commerciali suggeriscono una politica dei dazi più selettiva e negoziale del previsto, aprendo opportunità per settori legati al commercio internazionale. Tuttavia, la volatilità rimane elevata: il tono hawkish della Fed richiede attenzione nella costruzione dei portafogli, mentre il VIX sopra i 17 punti segnala nervosismo persistente nonostante i massimi di mercato.

Cina

I mercati azionari cinesi hanno vissuto una settimana  caratterizzata da speranze e delusioni, oscillando tra l’ottimismo per i progressi nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti e le preoccupazioni suscitate dai dati economici interni che continuano a dipingere un quadro di crescita moderata.

L’apertura è stata all’insegna del cauto ottimismo, alimentata dalle notizie che filtravano dai colloqui preliminari tra i team negoziali. Gli investitori hanno accolto con favore i segnali positivi dal segretario al Tesoro americano Scott Bessent, che aveva annunciato il raggiungimento di un “accordo quadro sostanziale”. Questa prospettiva di distensione ha sostenuto i mercati nelle prime sessioni, con gli investitori che hanno iniziato a scommettere su una svolta dopo mesi di tensioni crescenti.

Il momento culminante è arrivato giovedì 30 ottobre con l’incontro storico tra Trump e Xi Jinping a Busan. I due leader si sono confrontati per 90 minuti, emergendo con un accordo significativo: riduzione dei dazi americani dal 57% al 47%, con ulteriore taglio sui dazi del fentanyl dal 20% al 10%. In cambio, la Cina ha sospeso per un anno i controlli sulle terre rare, materiali cruciali per l’industria tecnologica e militare mondiale. Pechino si è impegnata anche a riprendere acquisti consistenti di soia (12 milioni di tonnellate nel 2025), ad acquistare energia americana e a collaborare su TikTok.

Nonostante questi sviluppi positivi sul fronte diplomatico, i mercati hanno mostrato una reazione sorprendentemente fredda. Mercoledì 28 ottobre, in attesa dell’incontro, Shanghai e Shenzhen hanno perso rispettivamente lo 0,73% e l’1,27%, mentre Hong Kong ha chiuso a -0,24%. La cautela è cresciuta in vista dei dati PMI di ottobre, che hanno poi deluso le aspettative.

SHANGHAI COMPOSITE INDEX :
CSI 300 INDEX :

Venerdì 31 ottobre sono arrivate le notizie temute. L’indice PMI manifatturiero è sceso a 49,0 da 49,8 di settembre, disattendendo le previsioni e segnando il livello più basso da aprile. Il dato, scendendo sotto la soglia critica dei 50 punti, ha indicato contrazione dell’attività manifatturiera, confermando preoccupazioni sulla debolezza della domanda interna. La reazione è stata immediata: Shanghai ha chiuso a -0,81%, Shenzhen a -1,14% e Hong Kong a -1,43%, chiudendo a 25.906,65 punti.

Il settore immobiliare e quello tecnologico hanno guidato le perdite. L’immobiliare continua a essere gravato dalle difficoltà strutturali che caratterizzano il mercato da oltre due anni, mentre il tech ha mostrato sensibilità alle incertezze sulle esportazioni, nonostante il rinvio concordato con gli USA. Le aziende orientate al mercato domestico hanno mostrato resilienza relativa, beneficiando delle politiche di stimolo interno e della crescente domanda dei consumatori cinesi. Il settore finanziario ha fornito supporto con le principali banche che hanno mantenuto risultati robusti, sostenute dalla politica monetaria accomodante della Banca Popolare Cinese.

Lo yuan ha mostrato movimenti contenuti, riflettendo l’incertezza complessiva. La PBOC ha continuato a fornire liquidità mantenendo una politica espansiva per sostenere la crescita senza creare pressioni inflazionistiche. Il settore delle materie prime è rimasto stabile, sostenuto dalla domanda interna e dalle aspettative di ripresa degli investimenti infrastrutturali. L’industria automobilistica ha mostrato segnali contrastanti: i produttori di veicoli elettrici hanno beneficiato del sostegno governativo con vendite robuste, mentre i produttori tradizionali hanno affrontato sfide maggiori legate all’incertezza sui mercati di esportazione.

Guardando avanti, l’attenzione si concentrerà sull’implementazione concreta dell’accordo commerciale. Il successo nel tradursi in benefici tangibili sarà cruciale: un’attuazione positiva potrebbe scatenare un rally nei settori esposti al commercio internazionale, mentre ritardi potrebbero portare a correzioni. I dati economici di novembre, in particolare PMI e produzione industriale, forniranno ulteriori elementi per valutare la solidità della ripresa. Il governo continuerà probabilmente ad aumentare gli stimoli, cercando di bilanciare crescita e stabilità finanziaria.

Le strategie di investimento dovranno bilanciare ottimismo per l’accordo commerciale e prudenza dettata dalla debolezza economica interna. I settori meno esposti al commercio internazionale, come servizi domestici, utilities e infrastrutture, potrebbero offrire opportunità di diversificazione. Attenzione particolare ai titoli tech, che pur resilienti rimangono vulnerabili a nuove restrizioni. Le aziende con forte presenza domestica e minore dipendenza dalle esportazioni rappresentano investimenti potenzialmente più stabili. La scadenza annuale dell’accordo introduce incertezza strutturale che richiede monitoraggio costante, anche se l’approccio graduale e rinnovabile può essere interpretato come volontà di mantenere aperto il dialogo. I mercati cinesi si trovano a un bivio: la distensione commerciale offre respiro, ma le sfide strutturali richiedono riforme profonde e stimoli mirati per garantire crescita sostenibile.

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