Europa

Nella settimana dal 24 al 28 febbraio 2025, i principali indici europei hanno mostrato performance contrastanti. Il FTSE 100 britannico ha registrato un incremento settimanale superiore all’1%, sostenuto da solidi risultati aziendali, tra cui quelli di IAG e IMI PLC.

Il DAX tedesco ha chiuso la settimana con una flessione dell’1,07%, influenzato dall’incertezza legata alle imminenti elezioni anticipate in Germania.

Il CAC 40 francese ha subito una contrazione dell’1,52% nell’ottava, mentre il FTSE MIB italiano ha perso l’1,22%, con settori come assicurazioni e immobiliare in sofferenza.

Il STOXX Europe 600 ha chiuso la settimana con un incremento marginale dello 0,01%, sostenuto principalmente dal settore sanitario.

FTSE MIB INDEX :
DAX INDEX :
CAC INDEX :
FTSE UK INDEX :

La settimana appena conclusa ha mostrato un andamento altalenante per i mercati azionari europei, influenzati da una serie di dati macroeconomici contrastanti e sviluppi politici significativi. Gli investitori hanno dovuto navigare tra segnali inflazionistici discordanti, conferme di contrazioni economiche nelle principali economie dell’eurozona e un importante cambiamento politico in Germania.

I dati preliminari sull’inflazione di febbraio hanno dipinto un quadro variegato per l’eurozona. In Germania, l’inflazione è rimasta stabile al 2,8%, superando le stime di consenso del 2,7%, una notizia che ha inizialmente provocato tensioni sui rendimenti obbligazionari tedeschi, con ripercussioni sulle valutazioni dei titoli growth più sensibili ai tassi d’interesse. Di segno opposto i dati provenienti da Francia e Italia: mentre l’inflazione italiana è rimasta ferma all’1,7%, al di sotto delle attese, in Francia il tasso è crollato a un minimo di quattro anni dello 0,9%, in netto calo rispetto all’1,8% precedente. Questa divergenza ha creato un contesto di incertezza per gli investitori, complicando le previsioni sulle future mosse della BCE.

La pubblicazione dei verbali della riunione di gennaio della Banca Centrale Europea non ha contribuito a schiarire le acque. Nonostante la fiducia dei policymaker nel ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%, i verbali hanno evidenziato “alcune prove che suggeriscono uno spostamento dell’equilibrio dei rischi al rialzo rispetto a dicembre”. Particolarmente rilevante per i mercati è stata la menzione di alcuni membri del consiglio che hanno sostenuto la necessità di “maggiore cautela” riguardo all’entità e alla velocità di ulteriori tagli dei tassi d’interesse. Questi segnali di prudenza hanno temporaneamente raffreddato l’ottimismo degli investitori che speravano in un rapido allentamento monetario, provocando una rotazione dai settori più esposti ai tassi verso quelli difensivi, particolarmente visibile negli scambi di metà settimana.

Sul fronte politico, la vittoria dell’alleanza conservatrice CDU/CSU nelle elezioni tedesche, sebbene senza maggioranza assoluta, ha inizialmente portato un sospiro di sollievo nei mercati, preoccupati dalla crescente popolarità del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), che si è comunque posizionato al secondo posto con il 20,8% dei voti. L’avvio di colloqui esplorativi con il Partito Socialdemocratico sconfitto per la formazione di un governo di coalizione ha alimentato un cauto ottimismo tra gli investitori, che intravedono la possibilità di politiche economiche più stabili. Tuttavia, l’incertezza sulla durata delle trattative e sulla stabilità della futura coalizione continua a pesare sui titoli tedeschi, evidenziando un premio al rischio politico che potrebbe richiedere tempo per dissiparsi.

Nel Regno Unito, i dati sui prezzi delle abitazioni hanno mostrato una crescita più forte del previsto a gennaio, con un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente secondo la Nationwide Building Society. Questa robustezza del mercato immobiliare, alimentata dalla diminuzione dei costi di finanziamento e dalla corsa degli acquirenti a finalizzare gli accordi prima dell’aumento fiscale su alcune proprietà previsto per fine marzo, ha fornito un supporto ai titoli del settore edilizio e finanziario britannico, che hanno generalmente sovraperformato rispetto ai loro omologhi continentali.

Le conferme definitive sulla contrazione economica in Germania (-0,2%) e Francia (-0,1%) nell’ultimo trimestre del 2023 hanno aggiunto un ulteriore strato di complessità all’analisi. Questi dati, sebbene già in gran parte scontati dai mercati, hanno comunque riacceso i timori di una prolungata debolezza economica nel cuore dell’Europa, con ripercussioni visibili soprattutto sui titoli ciclici e del settore manifatturiero, che hanno subito pressioni di vendita verso la fine della settimana.

Guardando alla settimana entrante, il mercato si trova in una posizione delicata, sospeso tra segnali contrastanti. Da un lato, la divergenza nei dati sull’inflazione potrebbe indicare che la BCE avrà margine per un approccio più accomodante nelle economie più deboli come quella francese e italiana, pur mantenendo la cautela necessaria per l’economia tedesca. Questo potrebbe favorire una certa selettività geografica negli investimenti, privilegiando i mercati azionari dei paesi con inflazione più contenuta e quindi maggiore spazio per politiche di sostegno.

Le trattative per la formazione del nuovo governo in Germania saranno un tema cruciale da monitorare. Un’eventuale rapida conclusione positiva dei colloqui tra CDU/CSU e SPD potrebbe innescare un rally di sollievo sui titoli tedeschi, mentre un prolungamento dell’incertezza potrebbe mantenere una pressione ribassista. Mi aspetto che i settori più sensibili alle politiche fiscali e agli investimenti pubblici, come le infrastrutture e le energie rinnovabili, mostreranno una maggiore volatilità in risposta agli sviluppi politici.

Sul fronte macroeconomico, i dati preliminari sull’attività manifatturiera e dei servizi previsti per la prossima settimana saranno cruciali per confermare o smentire i timori di una prolungata debolezza economica. Se questi indicassero un inizio di ripresa, potremmo assistere a un cambio di sentiment verso i titoli ciclici, che hanno sofferto nella settimana appena conclusa.

In conclusione, la settimana che si apre richiederà agli investitori una particolare attenzione alla selettività, sia geografica che settoriale. Il contesto attuale, caratterizzato da divergenze inflazionistiche, incertezze politiche e segnali contrastanti sulla crescita economica, suggerisce un approccio cauto ma non passivo. Le opportunità potrebbero emergere proprio dalle inefficienze di mercato create da queste incertezze, premiando gli investitori in grado di distinguere tra timori temporanei e problematiche strutturali. In questo scenario, mantenere una diversificazione adeguata pur avendo il coraggio di assumere posizioni selettive sui settori e sui paesi con fondamentali più solidi appare la strategia più prudente per navigare un mercato che potrebbe rimanere volatile nel breve termine.

Stati Uniti

i principali indici azionari statunitensi hanno mostrato andamenti contrastanti. Il Dow Jones Industrial Average ha registrato una crescita dell’1%, chiudendo la settimana a 43.840,91 punti. Al contrario, l’S&P 500 ha subito una flessione dell’1%, terminando a 5.954,50 punti, mentre il Nasdaq Composite ha evidenziato una contrazione più marcata del 3,5%, chiudendo a 18.847,28 punti.

Le preoccupazioni riguardanti una possibile guerra commerciale e segnali di rallentamento economico hanno influenzato negativamente il sentiment degli investitori, contribuendo alle perdite settimanali di S&P 500 e Nasdaq.

Tuttavia, la seduta di venerdì ha visto un rimbalzo significativo, con l’S&P 500 e il Nasdaq in rialzo dell’1,6% e il Dow Jones in aumento dell’1,4%, grazie a dati sull’inflazione più favorevoli e a una diminuzione dei rendimenti obbligazionari.

NASDAQ COMPOSITE :
DOW JONES INDUSTRIAL AVERAGE :
S&P 500 INDEX :

La settimana appena conclusa ha segnato un periodo di significativa volatilità per i mercati azionari statunitensi, con una marcata debolezza nel settore tecnologico che ha trascinato al ribasso l’intero mercato. I titoli growth hanno registrato performance nettamente inferiori rispetto al resto del mercato, e il Nasdaq Composite ha subito la sua peggiore flessione settimanale dallo scorso settembre, un segnale che ha messo in allarme molti investitori sui fondamentali della lunga corsa rialzista guidata dall’intelligenza artificiale.

Particolarmente emblematico è stato il caso di NVIDIA, simbolo indiscusso del boom dell’IA, che giovedì ha ceduto l’8,48% dopo la pubblicazione degli utili, nonostante un rapporto finanziario che in altri tempi sarebbe stato considerato eccellente. Questa reazione ha sollevato interrogativi sulla sostenibilità delle valutazioni nel settore tech, con i “Magnifici Sette” che hanno mostrato segni di debolezza in un contesto di crescente incertezza normativa. Le preoccupazioni degli investitori non si sono limitate al settore tecnologico: le tensioni commerciali hanno continuato a pesare sui mercati, con il Presidente Donald Trump che ha ribadito i piani per imporre nuovi dazi su diversi partner commerciali entro il 4 marzo, alimentando timori di un possibile ritorno a politiche protezionistiche che potrebbero danneggiare le catene di approvvigionamento globali e comprimere i margini delle aziende.

Sul fronte macroeconomico, l’evento più atteso della settimana è stato indubbiamente la pubblicazione dell’indice dei prezzi PCE (Personal Consumption Expenditures) da parte del Dipartimento del Lavoro. Il dato, considerato l’indicatore di inflazione preferito dalla Federal Reserve, ha mostrato un aumento dei prezzi dello 0,3% a gennaio, sostanzialmente in linea con le aspettative. Su base annua, l’inflazione si è attestata al 2,6%, in calo rispetto al 2,9% di dicembre ma ancora sopra l’obiettivo di lungo termine del 2% fissato dalla Fed. Questo scenario di inflazione persistente, combinato con la notizia che, nonostante l’aumento dello 0,9% del reddito personale, la spesa dei consumatori ha subito una contrazione, ha alimentato il timore che i consumatori americani stiano diventando più cauti nelle loro decisioni di acquisto.

Questi segnali di cautela hanno trovato ulteriore conferma nel rapporto sulla fiducia dei consumatori pubblicato martedì dal Conference Board. L’indice è crollato di 7 punti a 98,3, registrando il calo mensile più marcato dall’agosto 2021. Particolarmente preoccupante è stata la componente relativa alle aspettative, che misura le previsioni a breve termine dei consumatori su reddito, affari e condizioni del mercato del lavoro: questo indicatore è sceso sotto quota 80 per la prima volta da giugno 2024, un livello che storicamente può essere indicativo di una recessione all’orizzonte. Il rapporto ha anche evidenziato un brusco aumento delle aspettative di inflazione a 12 mesi, passate dal 5,2% al 6% a febbraio, un dato che ha contribuito ad alimentare le preoccupazioni sulla crescita economica, già accentuate da una serie di dati economici inferiori alle attese nelle ultime settimane.

Per quanto riguarda gli altri dati economici, il Dipartimento del Commercio ha confermato che l’economia statunitense è cresciuta a un tasso annualizzato del 2,3% nel quarto trimestre del 2024, sostenuta da una spesa dei consumatori resiliente, avanzata del 4,2% durante il periodo. Entrambe le letture sono rimaste invariate rispetto alle stime precedenti. Per l’intero anno 2024, il prodotto interno lordo (PIL) degli Stati Uniti è aumentato del 2,8%, un dato che, pur rappresentando una crescita solida, non è stato sufficiente a dissipare i timori di un possibile rallentamento economico nel prossimo futuro.

Sul fronte del mercato del lavoro, il Dipartimento del Lavoro ha riferito giovedì che le richieste di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti per la settimana terminata il 22 febbraio sono aumentate di 22.000 unità, raggiungendo quota 242.000, il livello più alto da ottobre. La media mobile a quattro settimane è aumentata di 8.500 unità a 224.000. Il numero anticipato per la disoccupazione assicurata destagionalizzata, noto anche come richieste di disoccupazione continuative, si è attestato a 1,86 milioni, con una diminuzione di 5.000 unità rispetto alla settimana precedente. Questi dati sul mercato del lavoro, pur non indicando ancora un deterioramento significativo, suggeriscono un graduale allentamento delle condizioni occupazionali che potrebbe avere implicazioni per la politica monetaria della Federal Reserve.

Guardando alla settimana entrante, gli investitori si troveranno a navigare in un contesto di crescente incertezza. La combinazione di un’inflazione persistente, segnali di cautela da parte dei consumatori, tensioni commerciali e la possibile fine del rally tecnologico potrebbe portare a ulteriore volatilità nei mercati. Sarà cruciale monitorare l’implementazione dei nuovi dazi annunciati da Trump e la reazione dei partner commerciali, che potrebbe avere ripercussioni significative su vari settori, in particolare quelli con catene di approvvigionamento globali come l’automotive, l’elettronica di consumo e il retail.

Sul fronte della politica monetaria, le dichiarazioni dei funzionari della Fed acquisteranno particolare importanza alla luce dei recenti dati sull’inflazione. Se dovessero emergere toni più hawkish, i mercati potrebbero rivedere al ribasso le aspettative su tagli dei tassi nel prossimo futuro, con potenziali ripercussioni negative sui titoli growth e sui settori più sensibili ai tassi d’interesse come quello immobiliare e le utilities.

Per quanto riguarda il settore tecnologico, la correzione osservata nella settimana appena conclusa potrebbe offrire punti di ingresso interessanti per investitori con orizzonte di lungo periodo, specialmente su aziende con fondamentali solidi e posizionamento strategico nel campo dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, è probabile che assisteremo a una maggiore selettività tra gli investitori, con una crescente differenziazione tra le aziende che possono dimostrare un ritorno tangibile dagli investimenti in IA e quelle che potrebbero faticare a monetizzare queste tecnologie.

In conclusione, la settimana entrante si prospetta come un banco di prova importante per valutare la resilienza del mercato azionario americano di fronte a sfide crescenti. Gli investitori farebbero bene ad adottare un approccio cauto, privilegiando la diversificazione e mantenendo una certa liquidità per sfruttare eventuali opportunità che potrebbero emergere in caso di ulteriori correzioni. In particolare, i settori difensivi come healthcare, beni di consumo di base e utilities potrebbero offrire un certo grado di protezione in caso di aumento della volatilità, mentre tra i titoli growth sarà fondamentale selezionare quelli con valutazioni più ragionevoli e modelli di business più consolidati. La strada verso una normalizzazione dell’economia post-pandemia e post-stimoli fiscali e monetari si sta rivelando più accidentata del previsto, e la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto macroeconomico sarà determinante per il successo degli investitori nei prossimi mesi.

Cina

i principali indici azionari cinesi hanno registrato performance negative. L’indice SSE Composite di Shanghai ha chiuso la settimana con una flessione dell’1,98%, attestandosi a 3.320,90 punti. Parallelamente, l’indice Shanghai A-Share ha subito una contrazione dell’1,98%, raggiungendo i 3.480,612 punti. Anche l’indice Hang Seng di Hong Kong ha registrato una significativa diminuzione, chiudendo la settimana a 22.923,79 punti, con una perdita del 3,35%.

Questi ribassi sono stati influenzati da preoccupazioni legate a tensioni commerciali globali e segnali di rallentamento economico, che hanno inciso sul sentiment degli investitori.

SHANGHAI COMPOSITE INDEX :
CSI 300 INDEX :

La settimana appena conclusa ha visto i mercati azionari cinesi subire un duro colpo, con la maggior parte delle perdite concentrate nella giornata di venerdì, in risposta diretta all’inasprimento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. L’annuncio del Presidente Donald Trump di un’ulteriore tariffa del 10% sulle importazioni cinesi, che entrerà in vigore il 4 marzo, ha provocato un’ondata di vendite sui listini di Shanghai e Shenzhen, amplificando un trend ribassista già in atto dall’inizio del mese, quando era entrata in vigore una prima tranche di dazi del 10% su tutti i prodotti cinesi.

La nuova escalation nella guerra commerciale non si è limitata alla Cina: nella stessa dichiarazione, Trump ha annunciato tariffe del 25% su Canada e Messico, segnalando un ritorno deciso alle politiche protezionistiche che avevano caratterizzato il suo primo mandato. La reazione di Pechino non si è fatta attendere, con un portavoce del Ministero del Commercio cinese che ha dichiarato che il paese “risponderà con tutte le misure necessarie per difendere i propri legittimi diritti e interessi”, aprendo di fatto la porta a potenziali contromisure che potrebbero ulteriormente esacerbare le tensioni commerciali globali.

L’ultima minaccia tariffaria è arrivata a pochi giorni dalla pubblicazione di un memorandum dell’amministrazione Trump che istruisce il Comitato per gli Investimenti Esteri negli Stati Uniti (CFIUS) a limitare la spesa cinese in settori strategici come la tecnologia e l’energia. Secondo quanto riportato da Bloomberg, citando funzionari anonimi, gli Stati Uniti pianificano inoltre di inasprire le restrizioni sull’esportazione di tecnologia dei semiconduttori verso la Cina e di fare pressione su Giappone e Paesi Bassi affinché intensifichino le loro restrizioni sull’industria cinese dei chip. Sebbene la mossa per limitare le esportazioni tecnologiche americane verso la Cina sembri essere una continuazione delle politiche dell’amministrazione Biden, molti analisti hanno interpretato l’ordine al CFIUS – un comitato che esamina gli investimenti proposti da entità straniere per potenziali minacce alla sicurezza nazionale – come un’ulteriore prova di un decoupling in atto tra le due maggiori economie mondiali.

Questi sviluppi hanno messo sotto pressione in particolare i titoli tecnologici cinesi e quelli legati all’export, con aziende come Alibaba, Tencent e i produttori di hardware che hanno registrato perdite significative. Il settore dei semiconduttori cinese, già sotto pressione per le precedenti restrizioni, ha visto ulteriori cali, con SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corporation) che ha toccato nuovi minimi dell’anno. Anche il settore automobilistico ha sofferto, poiché le nuove tariffe potrebbero complicare ulteriormente le strategie di espansione globale dei produttori cinesi di veicoli elettrici come BYD e NIO.

Guardando al futuro, molti investitori stanno volgendo la loro attenzione alle imminenti “Due Sessioni” cinesi, un evento politico annuale in cui Pechino svela le sue priorità economiche e gli obiettivi per l’anno a venire. Secondo l’Asia Society Policy Institute, la Cina manterrà probabilmente un obiettivo di crescita del prodotto interno lordo “intorno al 5%” per il terzo anno consecutivo, un segnale di continuità che potrebbe offrire un certo grado di prevedibilità in un contesto altrimenti turbolento. Gli analisti si aspettano inoltre che la Cina riveli un rapporto di deficit fiscale del 4% del PIL – un obiettivo record – e un obiettivo di inflazione al consumo di circa il 2%, in calo rispetto al 3% dell’anno precedente, riflettendo le pressioni deflazionistiche sull’economia.

Le “Due Sessioni”, che si riferiscono alle riunioni congiunte della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese e del Congresso Nazionale del Popolo, iniziano rispettivamente il 4 e il 5 marzo e dovrebbero concludersi intorno all’11 marzo. Questo evento rappresenterà un banco di prova fondamentale per valutare la risposta di Pechino non solo alle nuove tariffe americane, ma anche alle sfide strutturali dell’economia cinese, come il rallentamento del settore immobiliare, le pressioni deflazionistiche e la necessità di stimolare i consumi interni.

Nella settimana entrante, i mercati azionari cinesi si troveranno a navigare tra le onde d’urto delle nuove tariffe e l’anticipazione delle politiche che emergeranno dalle Due Sessioni. È probabile che assisteremo a un’elevata volatilità, con particolare attenzione ai titoli nei settori più esposti alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. L’entità della reazione di Pechino alle nuove tariffe sarà un fattore determinante: una risposta misurata potrebbe contribuire a stabilizzare i mercati, mentre una contro-escalation potrebbe alimentare ulteriori vendite.

Sul fronte macroeconomico, i dati PMI manifatturiero e dei servizi previsti per l’inizio della settimana forniranno importanti indicazioni sullo stato di salute dell’economia cinese. Qualsiasi segnale di resilienza potrebbe offrire un supporto temporaneo ai mercati, mentre dati più deboli del previsto potrebbero amplificare i timori di un rallentamento economico più profondo.

Per quanto riguarda le prospettive di investimento, la prudenza rimane la parola d’ordine nel breve termine. Tuttavia, l’eccesso di pessimismo potrebbe creare opportunità selettive, soprattutto nei settori orientati al mercato interno e meno esposti alle tensioni commerciali, come i servizi sanitari, i consumi di base e alcuni comparti tecnologici focalizzati sul mercato domestico. Inoltre, le aziende che beneficiano delle iniziative governative per l’autosufficienza tecnologica potrebbero mostrarsi più resilienti in un contesto di crescenti restrizioni alle esportazioni americane.

Le Due Sessioni potrebbero rappresentare un potenziale catalizzatore positivo se Pechino dovesse annunciare misure di stimolo più aggressive del previsto o iniziative specifiche per settori strategici. In particolare, eventuali politiche mirate a sostenere il settore immobiliare o a stimolare i consumi potrebbero innescare un rally di sollievo, soprattutto se accompagnate da un tono conciliante nelle relazioni commerciali con gli Stati Uniti.

In conclusione, la settimana che si apre sarà caratterizzata da un equilibrio precario tra rischi geopolitici crescenti e potenziali sviluppi positivi sul fronte della politica economica interna. Gli investitori dovrebbero prepararsi a un periodo di elevata volatilità, mantenendo un approccio selettivo e attento ai segnali che emergeranno dalle Due Sessioni, che potrebbero definire la traiettoria dei mercati cinesi non solo nelle prossime settimane, ma potenzialmente per l’intero anno a venire.

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